Era un sabato mattina di inizio estate quando, in viaggio, sintonizzato come spesso accade sulle frequenze di radio24, riconosco la voce del bravo giornalista Simone Spetia che introduce una sua nuova rubrica settimanale.
L’argomento è quello che i ns nonni chiamavano “fantascienza”, che oggi stiamo abituandoci a chiamare “realtà” e che il titolo del programma ben trasmette: l’era dei robot.
Incuriosito dal connubio “trasmissione interessante e conduttore in gamba” ascolto con piacere argomentazioni, interviste ai numerosi ospiti, intermezzi curiosi estratti da film a tema.
Non novità assolute, ripensandoci, ma il fatto di poter ascoltare un concentrato di scenari futuribili e il pensiero che lo sviluppo esponenziale della tecnologia degli ultimi 20 anni é maggiore – in termini di obiettivi raggiunti – di quello di tutto il periodo precedente, qualche brivido ha comportato. La tecnologia oggi cresce così velocemente che, a differenza del passato, i cambiamenti avvengono spesso all’interno della stessa generazione, con maggiori difficoltà umane al conseguente adattamento. Ripensiamo allora a noi, ma soprattutto ai ns figli e al loro domani, che li vedrà in un mondo ormai globalizzato, potenzialmente in competizione oltre che con i propri simili, anche con i robot.
E, più o meno incosapevolmente, ciò accada già da tempo nella ns generazione, ne sono da esempio: l’intelligenza artificiale che ormai governa gli scambi delle borse-valori (annullando di fatto scene come quella epica e finale del film “Una poltrona per due” alla borsa di New York) o, nella vita di tutti i giorni, le applicazioni che consentono l’home-banking o il prelievo ai bancomat, i pagamenti alle casse fast-pay dei supermercati, il funzionamento dei centralini telefonici passanti-automatici, ecc. Solo alcuni dei molti esempi possibili, che così elencati non sembrano oggi straordinari …ma se solo immaginati con la testa di qualche decennio fa.
Le macchine, come asseriva uno degli ospiti della trasmissione, da analfabete (martelli, tenaglie, mulini, ecc.), hanno prima frequentato le scuole elementari (le prime automazioni tra cui il telaio meccanico di inizio ‘800 in Inghilterra), poi la scuola media/liceo (le macchine automatiche di grande flessibilità), poi l’università laureandosi (trasformandosi in informatiche ed elettroniche) e ora, con l’intelligenza artificiale, consentono l’interconnessione tra diverse discipline, con infinite applicazioni. Ma ritornando al nostro presente delle professioni per esempio – già difficile per altri motivi – cosa ne sarà in futuro di lavori come quelli di medici, ingegneri, avvocati, giornalisti?
D’altronde, riprendendo un altro bel passaggio delle puntate successive: una volta non avevamo un cervello capace di leggere ma solo di ricordare mnemonicamente, Socrate implorava i suoi allievi di non cominciare a scrivere perché altrimenti avrebbero perso le capacità della memoria, ma come ben sappiamo, un cervello capace di scrivere ci ha poi aiutato a fare cose che la tradizione mnemonica non ci avrebbe mai consentito.
E allora, in attesa che anche le ultime conseguenze della rivoluzione tecnologica in cui siamo ormai immersi si concretizzino ancora più velocemente, alla paura delle incognite si contrappone l’ottimismo di credere che “l’era dei robot” possa invece dimostrarsi l’ennesima forma di miglioramento e progresso della specie umana e che la sfida per la nostra generazione continui, con o senza robot, ad essere quella di preparare i nostri figli a vivere il loro futuro, nel rispetto altrui, cogliendone tutte le opportunità.
Copio in calce il link al programma e ai podcast delle puntate (una decina) che, durando una ventina di minuti l’una, possono essere facilmente ascoltate nei momenti liberi di chi, incuriosito, voglia approfondire.
http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/era-robot